Santa Maria della Versa

(Santa Maria, il paese più bello che ci sia !!)

Capitale del Pinot Nero

   Situato nell’omonima valle, all’interno di quella terra ricca di vini pregiati che risponde al nome di Oltrepo Pavese, il nostro paese è considerato anche la capitale del Pinot Nero e degli Spumanti e, se la cosa a qualcuno parrà discutibile, si farà presto a rispondere che certo il Pinot si produce anche altrove: ma è da quando è stato prodotto qui che è divenuto celebre, e che ha trovato ali per il suo volo.

   Terra di vini questa, e pertanto produzione vinicola d’eccellenza anche nei rossi come il Barbera e il Bonarda, così tanto amato dai consumatori di oggi, per non dimenticare gli altri ottimi bianchi come il Riesling e il Moscato; la nostra comunità aderisce all’associazione “Città del Vino”, gruppo nazionale formato da tutti le comunità legate alla migliore produzione vinicola, ed è stata insignita, dal “O.I.V.”, Organisation Internationale de la vigne et du Vine, (Organizzazione Internazionale della Vite e del Vino) del titolo di “ Ville Internationale de la Vigne et du Vin” (Città  Internazionale della Vite e del Vino).

   Siete stati accolti, all’arrivo, dal grande fabbricato della Cantina Sociale, una delle più prestigiose d’Italia e la cui storia è intrecciata con quella del paese, e la sua vita con quella degli agricoltori di qui, che da sempre portano alla cantina la loro uva, che trasformata in vino se ne va a portare il nome de La Versa nell’Italia e nel mondo. Probabilmente, la prima parola che avrete letto è stata “Grapperia”, una parola che non può non fare allegria; benvenuti quindi in questa piccola capitale, e un buon bicchiere di pinot limpido, perlato e profumato, o di grappa fragrante, vi convincerà che qui non si millanta nulla.

 Nel “Guinness dei Primati”

   Santa Maria è un paese laborioso, tranquillo, sereno, ma siccome lavoro, tranquillità e serenità possono confinare con il silenzio, e quindi la noia e quindi ancora il grigiore, si dirà subito che Santa Maria della Versa è certo serena e silenziosa quanto basta alla sua

dignità: ma è piena di colori e di fantasia; anzi, certe volte viene da pensare che nella testa e nel cuore dei suoi abitanti alberghi un felice pizzico di follia. E’ un paese, questo, capace di trasformarsi in una gigantesca osteria nei giorni della vendemmia: di diventare, in tempo di Carnevale, incredibile passerella, guidata dall’allegra e variopinta maschera locale del Marianello, per carri e maschere che arrivano dalla valle e da paesi vicini e lontani, anche di altre regioni; di mettere insieme, con assi e cavalletti ben ricoperti di carta bianca, una lunghissima tavola, di oltre 150 metri, sulla quale disporre un lunghissimo strudel sfornato al momento. E’ un paese, questo, capace di costruire un gigantesco mappamondo, del diametro di oltre 6 metri, girevole e simile in tutto e per tutto all’originale, di realizzare una fontana, detta “Fontana della Salute”, completamente in acciaio, dove da un maxi grappolo d’uva, alto oltre 2 metri, zampilla dell’ottimo vino rosso al posto della tradizionale acqua (famoso il detto, da noi riveduto e corretto, che un bicchiere al giorno toglie il medico di torno), e di confezionare, su un gigantesco telaio in ferro rigorosamente costruito manualmente e sorretto da una potentissima gru, il più grande grappolo d’uva mai assemblato in questo mondo, del ragguardevole peso di 1.462 chilogrammi, tanto da meritarsi l’attenzione, e la pubblicazione, nel celeberrimo libro del Guinness dei Primati ( e se avete qualche dubbio provate ad andare a sfogliare l’ultima edizione).

 

                      

                                             Panorama di Santa Maria della Versa ( foto Roberto Granata )

 Un posto giovane

   Se per Santa Maria della Versa si intende il centro dove si trova la sede comunale, allora bisogna dire che è giovane, anzi molto giovane. Prima, il centro comunale era a Soriasco e qui nel fondovalle, non lontano dalla strada che correva lungo il torrente, c’era solo una frazione, sorta attorno a un santuario della Madonna, dove la gente veniva a pregare, a chiedere grazia e anche a far mercato.

   Con il passare del tempo, la frazione della Madonna venne ingrandendosi, ebbe sempre più case e più abitanti, fino a quando non fu così importante da dare il nome al Comune e da divenire sede comunale. Questo accadeva nel 1893, oltre un secolo fa, insomma; e non è giovane, un Comune che ha appena poco più di cento anni, in un paese come l’Italia, dove centri grandi, piccoli e anche piccolissimi, possono vantare storia  e memorie millenarie?

   E a proposito di gioventù, essa è ribadita dal monumento ai caduti. Fermati a guardarlo, nella bella piazza alberata. Non è la solita statua, non è il solito soldato, questo, non ha il solito aspetto di padre di famiglia, con l’elmetto, la divisa in ordine e il colletto ben abbottonato: è invece un giovanotto dalla camicia aperta, senza cappello e dai capelli in disordine; furono ragazzi così a combattere le due guerre mondiali, ed è giusto che sia reso omaggio alla giovinezza che fu loro strappata.

   Naturalmente, anche la Madonna della Versa aveva memorie, gli uomini vi s’erano insediati da tempo immemorabile, e non si ricorda nemmeno da che epoca dati il culto della Vergine; ma la storia con la S maiuscola, quella fatta di guerre, di lotte, di commerci, di epidemie eccetera, quella ebbe come protagonista Soriasco, che è stata insomma la madre nobile del Comune. Non staremo certo qui a rievocare le memorie di Soriasco: a confermare la sua nobiltà, e a far immaginare schiere di guerrieri, carovane di mercanti, scintillanti cortei di nobili, basta il grande torrione. In ogni modo, per chi ne volesse sapere di più consigliamo di leggere il libro sulla storia del paese, dedicato alla storia generale del Comune e delle frazioni, e ricchissimo di notizie.

   La strada segue il corso del torrente dal quale il paese prende il nome: il Versa, che vorrebbe significare qualcosa come scorrere, riversarsi, serpeggiare, proprio come fa un torrente. Oggi, la vena d’acqua quasi non si vede, e il torrente è ridotto a poco più di un ruscello, che scorre in silenzio, e anzi percorrendo la valle, quasi non ci si accorge di esso. Una volta era diverso, le acque scendevano più copiose e più libere dalle colline, per cui non sempre era facile attraversare il Versa: e in certi casi occorreva l’aiuto d’un traghettatore, detto puntù, che provvedeva a sistemare assi per rendere agevole il guado. Si legge nel libro sopracitato: “L’ultimo puntù del Versa è scomparso pochi anni orsono, prestava la sua opera al guado nei pressi di Cà del Fosso, oltre il quale s’apriva l’imbarco della antica via per Soriasco. Fu qui che passò il prezioso organo per la parrocchiale, realizzato nel 1815 dai fratelli Serassi di Bergamo.

   Arrivato via fiume lungo il Po, fu affidato a dei carrettieri, e risalì la Val Versa, ma giunto al punto cruciale dell’attraversamento, si dovette attendere che le acque calassero e che fosse più agevole il passaggio di carri e buoi…”Vecchie cose, vecchie scene di vecchi tempi, e che ci fanno un po’ sognare, vero?

 Il lavoro di generazioni

   Cose vecchie, vecchie cose, vecchie generazioni, e il cognome dominante, qui, è il longobardo Faravelli, che testimonia dei tempi ormai remoti nei quali uomini e avventurosi si diedero case su queste colline e in queste valli, cominciando a lavorarle. Oggi, il declivio delle colline tra le quali corre la strada, è quasi interamente coperto da vigne, e a vederle così, mentre si percorre il fondovalle, sembrano tutte uguali; ma se ci si avvicina, al tempo della vendemmia, se si entra in essa, è bello scoprire la diversità dei grappoli dell’una o dell’altra qualità: bianchi o neri, gli acini piccoli, fitti e lucidi qui, più grossi e come vellutati là, e là ancora più radi; e se qualche viticoltore della valle vi accompagna, vi dirà qual è il Pinot, quale il Moscato, quale la Barbera, quale l’Uva Rara, quale la Croatina.

   Queste colline, così come l’uomo le ha fatte, testimoniano del lavoro di generazioni di contadini, del loro rispetto per la terra, e i suoi frutti, della loro passione per la viticoltura. Fare vino è un lavoro lungo, delicato, rischioso: per una vendemmia ci vogliono nove mesi, quanti ne occorrono per un figlio; preparare e pulire le botti, badare al mosto, farlo fermentare, travasare al momento giusto, filtrare e cavare non è roba da nulla, chi sbaglia paga. E se in agosto arriva la grandine (“la tempesta” come si dice, e il nome evoca violenza dal cielo quindi rovina in terra, e nulla è più desolato d’una vigna tempestata) ha buttato via tempo, lavoro, quattrini e speranze. La gente di qui queste cose le sa, saperle aiuta a lavorare, per questo l’Oltrepo è quello che è.

   Su per la valle correva, fino ad una decina d’anni dopo la fine della seconda guerra mondiale, una ferrovia decauville che collegava Santa Maria della Versa con Stradella; è stata (forse un po’ troppo in fretta) smantellata, ed oggi di essa non v’è più traccia: del resto oggi è tempo di quattro ruote, e le automobili corrono su per la bella strada, una delle direttrici che portano all’Appennino, e ai passi aperti verso altre regioni, e il mare lontano (un tempo nevicava fitto qui, e la neve restava a lungo; oggi anche questo è cambiato: ma quando ha nevicato su in montagna, com’è bello, da quaggiù, vedere le cime scintillanti come specchi!).

                     

                                     Torre Polistina  Soriasco ( foto Prisma di Santa Maria della Versa )

 

 Un bicchiere “garantito”

   Un tempo bastava dire “vino della Madonna della Versa” (o anche vino di Canneto, o di Castana, o di Rovescala e via dicendo) non tanto per sapere che cosa si beveva, se Barbera o Bonarda, ma per essere sicuri di bere un buon bicchiere, un bicchiere garantito ( e usiamo questa parola ricordando alcuni vignaioli di qui, che quando assaggiavano il vino nuovo, chiamavano qualcuno a fungere da testimone; si cavava il vino con il ladro, cioè la pipetta di vetro, si puliva un vecchio bicchiere con il fazzoletto, lo si riempiva fino all’orlo, lo si assaggiava, e poi schioccando la lingua e leccando le labbra arrivava il momento di lanciare un commento all’assaggio: Garantito!). Oggi, e giustamente e in ogni modo a non far confusione, s’è assai più precisi nelle denominazioni; e un buon bicchiere si beve sempre. 

Ieri oggi domani

   Nel tempo passato, e potremmo dire “ieri”, Santa Maria della Versa aveva, come quasi tutti i centri dell’Oltrepo, un numero d’abitanti assai superiore a quello attuale. Il richiamo della città, il giusto desiderio di promozione sociale, il fascino dei lavori nuovi hanno portato via di qui molta gente, e gente giovane in particolare. Il paese però ha reagito bene, non s’è lasciato mortificare da questa amara emorragia d’energie.

   Certo il problema c’è e non è da poco; consola che quanti se ne sono andati non hanno smesso di amare la loro piccola patria, e fa ben sperare (ma non induce ad illusioni) qualche ritorno: vuol dire che i Mariesi non dimenticano la terra ove affondano le loro radici.

   La loro storia è o può essere un’alleata dell’uomo. Essa va amata e onorata: ma, insieme, tenuta a una certa distanza, in modo che non ci faccia prigionieri. Occorre tenere gli occhi soprattutto all’oggi e al domani. Dell’oggi Santa Maria non ha reali motivi di preoccuparsi. Ma quale sarà il suo domani?

   Per rispondere a una tale domanda, occorre rispondere anche ad altre: quale domani per l’Oltrepo collinare, ed anzi per tutta l’Italia collinare? E quale per la vite e il vino? E se comincia con questo gioco, non si finisce più. Non è nemmeno il caso di rispondere facendo previsioni, raccogliendo dati d’ogni tipo, e incaricando il moderno oracolo, il computer, di trarre le conclusioni ed informarci.

   E’ il caso invece di compiere un atto di fede. L’uomo non può rinunciare a tutto questo. Bisogna aver fede nel suo buonsenso e nel suo coraggio.

   Vi aspettiamo a Santa Maria della Versa, vi assicuriamo che una visita al nostro paese sarà sicuramente una cosa piacevole; a presto.